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La pecora sarda è una razza autoctona originaria della Sardegna. Attualmente è presente anche in altre regioni italiane come la Toscana, l’Umbria, le Marche, l’Emilia Romagna, la Calabria, la Sicilia, l’Abruzzo, la Liguria, il Piemonte e il Lazio dove viene allevata con successo. La sua diffusione al di fuori della Sardegna ebbe inizio negli anni ’60 del secolo scorso con l’emigrazione dei pastori sardi nelle zone agricole dell’Italia centrale. Attualmente si contano quasi otto milioni di capi allevati in tutta la nazione con un picco di circa 3 milioni solo in Sardegna dove ogni gregge può contare 400-500 capi. Gli allevamenti più grandi possiedono anche 1200 pecore. Al di fuori dei confini nazionali questa razza ovina viene allevata principalmente nei paesi del bacino del mediterraneo come la Tunisia e la Spagna. Si tratta di una razza molto rustica e adattabile, ma, il suo habitat naturale è costituito prevalentemente dalla macchia mediterranea tipica dell’isola sarda, con ampi pascoli caratterizzati da cespugli, rovi ed erbe spontanee, dove possono brucare tutto il giorno. I paesaggi aridi e rocciosi dell’isola e il clima caldo in estate e rigido in inverno rappresentano l’ambiente ideale per l’allevamento di questa razza di pecore. Grazie alle sue doti di adattamento, inoltre, la pecora sarda è riuscita ad adattarsi bene anche alla vita in zone collinari e montuose.
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La stagione degli amori per la pecora sarda inizia in primavera. I primi accoppiamenti avvengono nei mesi di marzo e aprile, i primi parti si hanno nei mesi di agosto e continuano fino a Pasqua. In un anno, infatti, la femmina può portare avanti due gravidanze. I periodi di monta sono due, uno in primavera e uno in autunno. La maturità sessuale viene raggiunta intorno ai 15 mesi nelle femmine e a partire dagli 11 nei maschi. Ogni maschio può fecondare in media 30-40 femmine. Il maschio può essere lasciato tutto l’anno nel recinto con le femmine o inserito solo per il tempo necessario per la monta e la fecondazione. Questa razza fa registrare una fertilità molto elevata con l’85% di parti l’anno. La gravidanza dura cinque mesi al termine dei quali la femmina partorisce i suoi piccoli. In generale i parti sono singoli con rari casi di parti gemellari. Appena nati, gli agnellini pesano dai tre ai cinque chili, ma, crescono molto velocemente e dopo trenta giorni hanno giù raddoppiato il peso iniziale arrivando a pesare dai dieci ai quindici chili. In questo periodo vengono allevati esclusivamente con il latte materno. La mungitura della pecora per ottenere il latte avviene immediatamente dopo la separazione del piccolo dalla madre. L’agnello viene staccato dalla femmina tra dicembre e gennaio. La mungitura avviene con una cadenza di due volte al giorno fino al mese di giugno, dopodiché si prosegue con una sola mungitura al giorno. Nella fase della gestazione occorre curare con particolare attenzione l’alimentazione della madre. Fondamentale, invece, è l’alimentazione dell’ariete nel periodo della monta. Le cure de piccoli sono affidate esclusivamente alla madre.
Le pecore sarde rappresentano il 40% dell’allevamento ovino nazionale. Le ragioni di questo enorme successo stanno tutte nella rusticità e nella produttività della razza. Le tecniche di allevamento di questi ovini cambiano a seconda della zona. In Sardegna si attua un tipo di allevamento intensivo, sfruttando la transumanza. Sul continente, invece, si utilizza un tipo di allevamento stanziale con lo sfruttamento dei pascoli. L’alimentazione della pecora sarda è costituita principalmente dalle erbe spontanee proprie dei pascoli e da foraggi, a cui occorre aggiungere anche un minimo apporto di cereali. In estate e in inverno, occorre integrare la dieta quotidiana con una razione di fieno per compensare la scarsità dei pascoli. I cereali vanno prima macinati e poi somministrati agli animali. Negli allevamenti stanziali si tende a integrare l’alimentazione delle pecore con cereali e foraggi anche nei periodi di maggiore produttività al fine di aumentarne gli standard produttivi. In ogni allevamento di pecore, deve essere presente un ovile in cui spostare le pecore durante la notte e nelle rigide giornate invernali. Per ovile si intende una sorta di stalla coperta e chiusa sui 4 lati. L’ovile deve prevedere delle finestre per la giusta areazione e un cancello per l’entrata e l’uscita dei capi. All’interno dell’ovile, solitamente è presente anche una zona per la mungitura. Un tempo la mungitura delle pecore veniva effettuata manualmente, oggi in tutti gli allevamenti sono presenti delle mungitrici meccaniche che oltre a velocizzare il lavoro degli operatori garantiscono standard igienici più elevati per il latte appena munto. Il latte una volta munto deve essere conservato in contenitori refrigerati e subito trasportato nei caseifici per la pastorizzazione e la trasformazione in prodotti caseari. Le condizioni di vita e le tecniche di allevamento utilizzate sono fondamentali per ottenere pecore sarde sane e produttive. Per queste ragioni gli allevatori prestano grande attenzione al pascolamento, alle operazioni di mungitura e alla stabulazione nell’ovile.
Per secoli le pecore sarde sono state allevate per la produzione di latte, di carne e di lana. Negli ultimi decenni, però, si è capito che l’attitudine predominante della razza è quella della produzione del latte. In media, la produzione di latte si aggira sui 100 litri l’anno per le primipare e i 180 per le pluripare. Il latte viene utilizzato principalmente nell’industria casearia, per la produzione di formaggi pregiati e molto richiesti sul mercato. A questo utilizzo viene destinato, infatti, l’85% totale del latte prodotto. Il più famoso e il più venduto formaggio di latte di pecora sarda è sicuramente il Pecorino Sardo. Altri formaggi prodotti con il latte di pecora sono il Fiore Sardo, il Toscanello, le caciotte, il Canestrato e il Pepato. Il latte di pecora, però, viene utilizzato anche per il consumo diretto essendo più digeribile e più nutriente rispetto a quello di mucca e quindi più adatto a chi soffre di intolleranze o di problemi di assimilazione del latte. Il latte di pecora è più ricco e nutriente del latte vaccino, poiché, a parità di lattosio contiene maggiori quantità di proteine e grassi. Appena munto, il latte di pecora è molto simile a quello di mucca, il colore è bianco porcellanato, poiché, privo di carotene. Risulta anche più denso di quello vaccino. La maggiore quantità di grassi, che viene mantenuta anche durante la lavorazione del prodotto, da luogo ad una ricotta più grassa e quindi più gustosa rispetto a quella di mucca. Più scarse e di minore qualità sono, invece, la produzione di carne e di lana. Per quanto riguarda la carne, è molto richiesta la carne degli agnellini, che vengono macellati ad appena un mese di vita. In questo caso si parla di agnello da latte o abbacchio. In Sardegna è molto diffusa anche la carne degli esemplari adulti che è alla base di molti piatti della tradizione culinaria locale. Per quanto concerne, invece, la produzione di lana, quest’ultima si attesta sui due chili l’anno per ogni esemplare. Essendo una fibra di scarsa qualità, viene utilizzata principalmente per la produzione di materassi, tappeti o come isolante. Grazie alle sue qualità di ottimo isolante termico e acustico, la lana di pecora sarda sta riscoprendo, negli ultimi anni, una nuova giovinezza. Sono sempre di più, infatti, le aziende interessate ad acquistare questa fibra ecologica da utilizzare per l’insonorizzazione di ambienti, per isolare case e abitazioni dal freddo o dal caldo e per la produzione di svariati oggetti. Anche il prezzo di mercato è triplicato rispetto a qualche anno fa, tanto che da problema si è trasformata in una nuova fonte di guadagno per gli allevatori che, fino a poco tempo fa, non sapevano cosa farsene di questa lana grossolana e grezza che nessuno voleva.
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