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Nel periodo autunnale i ghiri vanno in letargo per circa sei mesi. Il letargo inizia a metà ottobre e termina a metà maggio. Un lungo periodo di riposo che viene preparato con cura nei mesi precedenti, durante i quali i ghiri mangiano di più per poter fare scorta di grassi da consumare poi durante il sonno invernale e per riuscire a sopportare meglio il freddo. I ghiri fanno anche scorta di cibo nella tana che tengono vicino per mangiare nei rari momenti di risveglio. Per il letargo i ghiri possono anche trovarsi a condividere il riparo. Tendono ad addormentarsi arrotolati su se stessi con la coda che circonda il ventre e il muso. Come rifugi invernali vengono scelti cavità sotterranee, buche tra le radici, vecchi alberi e fienili abbandonati. Durante il sonno invernale è molto raro che si ridestino grazie al notevole rallentamento del metabolismo, con la temperatura corporea che si abbassa fin quasi a eguagliare quella dell’ambiente circostante.
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Il ghiro è un roditore originario dell’Europa e dell’Asia e dell'Africa nel caso dei minighiri. In Europa si trova in un’area compresa tra il nord della Spagna e l’Ucraina. In Italia vive in quasi tutte le regioni ad esclusione della Pianura Padana, della penisola salentina e della Sicilia. Sulle Alpi è stato avvistato fino 1500 metri. In Sardegna è stata avvistata anche una sottospecie di ghiro che si riteneva estinta, il ‘Glis glis melonii’ che fu avvistato nell’estate del 2006 nel Supramonte da un naturalista dopo 25 anni dall’ultima segnalazione. Lo si trova poi in molte isole mediterranee con l’Isola d’Elba e l’Isola di Salina. Le specie presenti in Italia sono tre e sono il Glis glis o ghiro comune che si trova soprattutto nelle regioni nord orientali, il glis italicus e il glis melonii. Il suo habitat naturale è costituito da ambienti boschivi oltre i 600 metri di quota. Non è raro trovarlo anche in parchi, giardini e boschi dove può trovare numerose cavità in cui allestire il proprio rifugio soprattutto in inverno. Predilige i boschi di latifoglie, le pinete litoranee e le aree boschive caratterizzate da alberi da alto fusto. Frequenta soprattutto i noccioleti e i castagneti. Sui Pirenei sono stati avvistati anche fino a 2000 metri di altezza. Vive su alberi a 5-6 metri di altezza in nidi costruiti con foglie e muschio. Talvolta utilizza vecchi nidi di uccelli.
In natura esistono sette specie diverse di ghiri, sei dei quali sono originari dell’Europa e dell’Asia e uno solo dell’Africa. La specie più diffusa è quella del ghiro europeo, Myoxus Glis, a cui appartengono gli esemplari più grandi del genere e che è tipico anche delle regioni italiane. I ghiri di questa specie sono diffusi in tutta Europa, dalla Spagna fino all’Ucraina e nelle regioni mediterranee dell’Asia. Alla stessa famiglia appartengono altre due specie prettamente asiatiche: il ghiro del Giappone e il Ghiro spinoso. Il primo è grande appena dodici centimetri ed è caratterizzato dalla presenza di una striscia nera sulla testa che attraversa tutto il dorso e arriva fino alla coda. Si trova soprattutto nelle zone montane del Giappone. Il ghiro spinoso, invece è lungo circa 30 centimetri e deve il suo nome alla durezza del pelo della sua pelliccia che ha una colorazione bruna sul dorso e biancastra sulla pancia. La coda ha la forma di un pennacchio. E’ una specie arboricola e vive nelle zone montane dell’India meridionale e principalmente nella zona del Ghati Occidentale, negli stati del Karnataka, Tamil Nadu e Kerala. Il suo habitat naturale è costituito da foreste umide caratterizzate da una vegetazione sempreverde. Vive tra i 600 e i due mila metri di altitudine. Originario del continente asiatico è anche il Ghiro Coda di topo grande circa 12 centimetri. La pelliccia è grigia e ocra sul dorso, bianca sui lati e sulle zampe. Ha la coda folta come quella degli scoiattoli. Vive principalmente nel Turkmenistan e nella Tracia. A differenza degli altri gliridi non è una specie arboricola, ma, vive in tane sotterranee. Il minighiro africano, infine, è diffuso esclusivamente nel continente africano. Sono grandi al massimo dieci centimetri con la pelliccia che può assumere le varie gradazioni del bruno. Il ventre, solitamente, è chiaro. Si tratta di una specie arrampicatrice. Il suo habitat naturale è costituito da foreste attraversate da corsi d’acqua. Costruisce il nido tra i rami con foglie intrecciate o nelle cavità delle rocce. Sono animali onnivori e si nutrono di tutto ciò che riescono a trovare dalla frutta ai semi, fino agli insetti e ai piccoli invertebrati.
La stagione degli amori del ghiro coincide con la primavera inoltrata, quando si risvegliano dal letargo invernale. Le femmine portano a termine un’unica gravidanza all’anno al termine della quale partoriscono dai due fino ad un massimo di otto cuccioli. La gestazione dura circa un mese. I cuccioli vengono partoriti in cavità degli alberi o nella stessa tana. In caso di pericolo la femmina abbandona la tana e porta via i piccoli in un luogo più sicuro. I cuccioli di ghiro appena nati sono piccoli, senza pelo e ciechi. Rimarranno ciechi per il primo mese di vita. Nel corso dei primi due mesi sono allattati dalla madre. I ghiri raggiungono la maturità sessuale intorno al decimo mese di vita. Il picco riproduttivo si ha generalmente nel mese di luglio.
I ghiri in natura si nutrono prevalentemente di vegetali e frutta. Tra gli alimenti principali ci sono le castagne, le ghiande, le nocciole, le bacche, i frutti di bosco e in autunno i funghi. In minima parte mangiano anche insetti e invertebrati e talvolta uova e nidiacei. L’integrazione della dieta con le proteine animali avviene soprattutto al risveglio dal letargo, quando dopo un così lungo periodo di digiuno hanno la necessità di fare scorte di cibo. In autunno, inoltre, tende ad immagazzinare ghiande e noci nella tana per assicurarsi una scorta per il periodo invernale e soprattutto per i primi giorni dopo il risveglio, quando il ghiro è fortemente debilitato e non potrebbe uscire subito per procurarsi da mangiare.
Il ghiro nel 2006 è stato inserito nella lista rossa degli animali a rischio estinzione in Italia. Il che significa che, attualmente, è severamente vietato cacciare o uccidere questi piccoli roditori divenuti sempre più rari a causa del bracconaggio e degli incendi. I ghiri vengono cacciati essenzialmente per due motivi: per scopi alimentari o per difendere campi e case dalla loro intrusione. Per anni, infatti, il ghiro è stato cacciato per la dolcezza della sua carne, tanto che in molte regioni italiane esistono ancora piatti tradizionali a base di ghiri. Attualmente, però, i ghiri vengono uccisi maggiormente perché nascondendosi nei sottotetti delle case o nei campi coltivati creano numerosi danni poiché rosicchiano il legno delle travi, si intrufolano nelle intercapedini e scompaginano le tegole dei tetti. Le loro dimensioni estremamente ridotte, infatti, gli consentono di entrare in fessure anche molto strette rendendo difficile la loro individuazione. Solitamente tracce della presenza di uno o più ghiri in casa possono essere il ritrovamento di residui di semi e frutti, ghiande, nocciole, pinoli, il ritrovamento degli escrementi riconoscibili perché di forma allungata. I ghiri, inoltre, sono molto rumorosi sia quando sono attivi sia quando dormono con il loro caratteristico russare con fischio finale. I ghiri generalmente si introducono in casa attraverso i rami degli alberi, i cavi dell’energia elettrica o del telefono. Tendono a stabilirsi nelle seconde case o negli edifici disabitati, dove possono restare indisturbati per lunghi periodi causando anche danni ingenti. Per catturare i ghiri si usano cassette di legno o tubi di plastica attaccati agli alberi.
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